STORIA

Pietracupa non sarebbe stata una località caratterizzata da una pietra scura, bensì il toponimo avrebbe indicato una roccia costituita da concavità buie e cupe tanto che intorno al 667 molti latini fuggiaschi  troveranno riparo nelle grotte della Morgia, spaventati dall’invasione nel Molise di un nuovo popolo: i bulgari. Intorno all’anno 1000, sulla Morgia sorse un castello longobardo. I monaci, che dal VI secolo D.C. si erano insediati nelle grotte della rupe, furono costretti con la forza a trasferirsi nell’Abbazia di San Pietro in Formoso. Sui primi feudatari di Pietracupa si ebbero tracce intorno al 1150 quando Atenulfo signore longobardo fondò una stirpe che prese il suo nome “figli di Atenulfo”. Erano quattro: Berardo di Castelluccio, Raudisio, Berardo di Ugone, e Matteo. Berardo aveva due fratelli, Roberto e Gustaiano. Insieme ad essi acquistò oltre Castelluccio, un villaggio ormai scomparso, le due rocche a guardia del fondo del Trigno, Bagnoli e Pietracupa.
Per questi due feudi si determinò il servizio da offrire all’esercito del re Ruggero. Quando morì Ruggero II d’Altavilla, terzo conte di Sicilia, quarto duca di Puglia e Calabria, il figlio Guglielmo si trovò di fronte ad una rivolta dei suoi vassalli che dovette sedare con la ferocia tanto da passare alla storia come Guglielmo il “Malo” ovvero il crudele. Nel 1268 Guglielmo era barone di Pietracupa. La stirpe dei “figli di Atenulfo” era svanita poco a poco. L’eredità di Re Ruggero continuava a passare nelle mani di figli e nipoti fino a quando finì nelle mani degli Hohenstaufen dinastia di Svevia, attraverso il matrimonio tra Enrico VI figlio di Federico Barbarossa con Costanza d’Altavilla. Quando morì Federico II di Svevia, figlio di Enrico VI e Costanza,  gli subentrò nel regno di Sicilia e dell’Italia Meridionale suo figlio Manfredi. Al papato questa situazione non era gradita. In precedenza Federico II era stato scomunicato più di una volta per alcuni suoi atteggiamenti tanto che la Chiesa intraprese una vera e propria crociata contro gli Hohenstaufen. Alla fine Urbano IV trovò in Carlo, conte di Angiò, fratello del Re Luigi,  un valido aiuto per il suo piano. Carlo d’Angiò sconfisse Manfredi a Benevento nel 1266 e Corradino di Lutzelinhart, ultimo degli Hohenstaufen, nel 1268 a Tagliacozzo. Fu proprio in questa occasione che il barone di Pietracupa, Guglielmo, si schierò contro Carlo d’Angiò. Il tradimento costò a Guglielmo sia il feudo che i suoi beni. Pietracupa a questo punto fu concessa per 24 once d’oro ad Anselmo da Guardia il quale però si sbarazzò ben presto del feudo molisano a vantaggio di un altro. Gli subentrò Ugone di Brancia che però chiese di scambiare Pietracupa con il castello di Licinoso in agro di Fondi. A questo punto il feudo di Pietracupa fu unito a quello di Pietrabbondante e assegnato al cavaliere Guglielmo d’Alemagna. A partire dalla metà del XIV secolo un nuovo avvenimento sconvolse Pietracupa.
Nel 1348 il suolo molisano cominciò a tremare  fino a quando il 9 settembre 1349 un terremoto disastroso distrusse molte abitazioni, cattedrali e abbazie. A Pietracupa scomparve l’abbazia di San Pietro in Formoso. A quel tempo signore di Pietracupa era Roberto il quale trasferì i monaci nell’abbazia di San Alessandro. Sempre Roberto di Pietracupa incaricò mastro Riccardo figlio di Simone di costruire una chiesa distante pochi metri dal castello. La chiesa fu intitolata a San Gregorio e completata nel 1360. Ma il suolo molisano nel 1456 ritornò a tremare e provocare danni. Lo scuotimento della terra distrusse in quel di Pietracupa sia l’abbazia di San Alessandro sia la chiesa di San Gregorio e il cerimoniale religioso tornò ad essere celebrato nelle grotte della Morgia. Dopo una breve esperienza in cui l’Università di Pietracupa fu incorporata ai beni della corona aragonese, nel 1476 il paese fu assegnato alla famiglia De Regina più esattamente ai fratelli Francesco e Antonio che nel 1560 ricostruirono la chiesa di San Gregorio e inaugurarono un Ospedale per dare ricovero ai malati, ai viandanti a agli orfani. Nello stesso anno imperversò una terribile carestia che ridusse i focolari che componevano Pietracupa da 89 a 83. Nel 1605 l’Università di Pietracupa si trovò fortemente indebitata col fisco. Doveva pagare quattrocento ducati di tasse arretrate e ad un certo Domenico di Marzo di Trivento cinquantaquattro ducati annui come interessi maturati sulla somma di seicento ducati, ancora da restituire ottenuta in prestito nel 1549. I sindaci di Pietracupa e un gruppo di cittadini si recarono dal notaio per far registrare un contratto col barone Giulio Cesare De Regina. Il signore voleva concedere mille ducati per estinguere il debito, l’interesse sarebbe stato garantito dalla cessione da parte dell’Università e dei cittadini , dei loro beni, case vecchie e nuove con l’aggiunta della selva comunale di Fontemajura. Per concludere la transazione bisognava ottenere dall’apposito ufficio un permesso. Il punto era che per ricomprare il vecchio debito se ne poteva fare uno nuovo purchè il primo fosse stato contratto con regolare permesso. Non lo era e quindi non c’era la condizione fondamentale per concludere il patto tra il barone e l’Università. Alla fine però il barone ottenne le case e la selva di Fontemajura mentre Pietracupa pagò con i ducati prestati dal barone i vecchi creditori per finire ben presto indebitata ancora di più. Agli inizi del Seicento il feudo passò nelle mani dei baroni d’Eboli.
Nel 1799 Pietracupa fu invasa dai francesi. Il 19 gennaio arrivò un corriere con un dispaccio per il sindaco. Aurora Delmonaco nel suo testo “Quelli della pietra cupa” riporta il documento: «30 nivoso, Anno 7° della Repubblica francese una e indivisibile. Dato in Isernia. Libertà. Eguaglianza. Il Cittadino Gennaro Vischi alli Sindaci delli retroscritti luoghi. L’armata francese che deve qui transitare ha di bisogno di viveri per potersi qui trattenere. Questa città è sprovvista di tutto per essere stata saccheggiata dalla medesima a solo oggetto di essersi mostrata sua inimica. Fate che non soccede de vostri rispettivi luoghi l’istesso. Ubbidite a portare subito qui quello e a ciaschuna da me tassato, non dandoli che cinque ore di tempo dopo il recivo della presente, per incamminarsi a questa volta. Badate, che i luoghi renitenti saranno da me dati in nota al generale francese per ricevere il castigo della Repubblica da loro offesa. Mi auguro prontezza di voi ed augurandovi salute e fratellanza resta – Cittadino Gennaro Vischi Provveditore della Truppa Francese e Municipale- Citra Bifernum». Il 10 maggio le truppe francesi sarebbero entrate in Pietracupa accolte dalla folla. C’erano molisani condotti da Nicola Neri, francesi e polacchi al comando del colonnello Perruset.  I primi anni dell’ottocento sono contraddistinti dall’imperversare del fenomeno del brigantaggio ma soprattutto dall’eversione della feudalità. Con legge del 2 agosto 1806 Giuseppe Bonaparte aboliva la feudalità con tutte le sue attribuzioni. Sei giorni dopo Molise e Capitanata venivano unite formando una sola provincia. In seguito però una leggina del 27 settembre 1806  separava il Molise dalla Capitanata. Si vennero a costituire due distretti Campobasso ed Isernia. I distretti furono suddivisi in circondari. Pietracupa sarebbe stata inserita insieme a Fossaceca, Torella e San Biase in quello di Trivento. In questo periodo l’ex feudo di Pietracupa venne assegnato ai principi Francone. Domenico Francone nato nel 1782 da un legame illegittimo tra il principe di Pietracupa Giovanni Francone e la signora donna Anna Pazzini priva di alcun titolo, all’età di dodici anni ottenne il cognome di Francone ma venne escluso da ogni diritto ereditario. L’unico figlio legittimo del principe Giovanni, Paolo, era morto e il fratello Giacomo si era fatto prete. Ci fu un tentativo estremo del principe che a 73 anni sposò la giovane Zenobia d’Eboli nella speranza di avere un erede senza però successo. L’unico erede possibile era a quel punto il figlio della sorella di Giovanni, Ambrogio Caracciolo di Torchiarolo. Dopo la morte di Giovanni Francone, quando si aprì il suo testamento nel 1806, si riscontrarono alcune sorprese. A Domenico Francone sarebbero spettati oltre all’appartamento, cento ducati al mese per tutta la vita, mentre a Zenobia sarebbero spettati i mobili dell’appartamento occupato da lei nel palazzo Francone, gioielli, carrozze, cavalli etc con l’aggiunta di duecento ducati annui. Da questo momento in poi cominciarono gli scontri tra i Francone e i Caracciolo soprattutto per via del fatto che Domenico e Zenobia non ricevevano il denaro previsto dal testamento. Nel 1819 Domenico Francone riuscì ad ottenere dai Caracciolo ben 13.000 ducati di arretrati. Pieno di entusiasmo si fece anticipare la rata d’agosto da alcuni signori firmando delle cambiali. Ma ad agosto i soldi non arrivarono e così su istanza dei suoi creditori fu arrestato e rinchiuso in carcere. I Caracciolo tolsero Domenico dalla prigione pagando in una sola rata il dovuto. Mentre gli antichi beni dei Caracciolo si andavano spezzettando, Domenico dopo aver pagato alcuni creditori finì ben presto per indebitarsi di nuovo. La schiera dei creditori era sempre più folta. A capeggiarla c’era un certo Rosario Piretti di Lucito. Il tutto si concluse nell’agosto del 1835 quando i beni di Domenico furono messi all’asta. E così l’ultimo Francone scomparve da Pietracupa lasciando la gente nelle mani di quel Rosario Piretti di Lucito a molti sconosciuto. 
 
Cosa vedere:
 
La principale attrazione è l'antichissima chiesa rupestre risalente al 1200.  Al suo interno si può ammirare un bellissimo crocifisso ligneo del 1500 e la macina di un antichissimo mulino che assolve alla funzione di altare. La  chiesa rupestre si trova al di sotto della suggestiva Chiesa parrocchiale, finita di costruire nel 1600 al cui interno si possono ammirare delle preziose statue lignee realizzate nel '700 dal Di Zinno. Merita altresì di essere visitata la "Chiesetta di San Gregorio", che sorge su una collinetta panoramica antistante il centro urbano per i suoi antichi dipinti. Da vedere il Museo Civico dei Ricordi dedicato agli antichi mestieri, costumi e tradizioni del paese e il "Museo della Rupe".